E SE NEL MIRINO DEI PM CI FOSSE DE GENNARO?
Dal comunicato della Procura di Caltanissetta sembrerebbe che i destinatari delle intercettazioni siano l’ex capo della Polizia e forse anche il prefetto Gratteri, un’ipotesi che potrebbe celare una realtà ancora più inquietante e complessa
In un’epoca in cui la narrazione popolare ha talvolta distorto la reale dinamica tra mafia e rappresentanti delle forze dell’ordine, è indispensabile comprendere che i mafiosi non operano nel vuoto, ma si avvalgono di una “zona grigia” per perseguire i propri interessi illeciti.
In passato, le tesi sulla cosiddetta “trattativa” tra Stato e mafia si erano rivelate fallaci, come per tabulas indicato dagli infausti (per l’accusa) esiti giudiziari. Le suggestioni su personaggi politici come Andreotti, accusati di manovrare dall’ombra i destini della mafia, si sono rivelate una narrativa immaginifica che fatti reali supportati da prove concrete.
Riconoscere questa verità è fondamentale, non solo per onorare il sacrificio dei magistrati assassinati, come Falcone e Borsellino, ma soprattutto per restituire ai cittadini la fiducia in una giustizia che si erge veramente contro il crimine, senza deviazioni o distorsioni.
L’inopportuno silenzio dei colleghi e la ricerca della verità
Un altro aspetto importante da considerare è il comportamento processuale del Dott. Prestipino, parallelo a quello di altri illustri ex colleghi come il Dottor Pignatone e il Dottor Natoli. Entrambi, figure di spicco all’interno della magistratura, hanno scelto di adottare un atteggiamento di silenzio piuttosto che fornire spiegazioni tempestive alla Procura di Caltanissetta. Questo riserbo, sebbene assolutamente legittimo dal punto di vista giuridico, appare a chi scrive inopportuno considerando il loro ruolo e la necessità di trasparenza in momenti di solenne criticità a parte di uomini di Stato. Le loro promesse di inoltrare memorie dettagliate sulle questioni in esame sembrano ancora in attesa di attuazione. Un approccio attivo e aperto nei confronti delle accuse sarebbe auspicabile, non solo per tutelare la propria importanza istituzionale, ma anche per contribuire al ripristino della fiducia popolare nella istituzioni e contribuire realmente alla ricerca della verità. Inoltre, un altro contributo importante che i magistrati indagati potrebbero apportare alle indagini è rinunciare alla prescrizione: una scelta che non solo favorirebbe un’accertazione della verità, ma dimostrerebbe chiaramente il proprio senso di dignità e impegno verso un principio di giustizia senza condizioni.
Verso Stato e verità
Un punto deve essere chiaro: riconoscere la realtà della collaborazione, da parte di uomini delle forze dell’ordine, con gli assassini di Borsellino e in genere, avvocato Trizzino. Un passo significativo, mai realizzato in passato, che testimonia un rinnovato impegno verso una ricostruzione obiettiva e veritiera che possa essere sganciata da narrazioni distorte o parziali e che punti a far luce con trasparenza e profondità, così come sui casi di depistaggi. Solo così potrà garantire l’eguaglianza di fronte alla legge, fondamentale in una società giusta e democratica.
La verità, ripulita da pregiudizi, manipolazioni e leggenda, sarà un bene oggi inatteso. E un passo fondamentale non solo per la verità storica e legale, ma anche per vincere una sfida che appartiene a una giustizia più equa e trasparente. Lo sforzo collettivo verso la verità rappresenterà la speranza di un futuro migliore, in cui la giustizia, posta le sue umane imperfezioni, possa trionfare e la manipolazione essere sconfitta una volta per tutte senza infiltrarsi nelle istituzioni e senza fare per ciò stesso di tutta l’erba un fascio.